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erbari intro

Incontri e Mostre

In mezzo alle erbe. Erbari antichi, erbari riprodotti, erbari digitali
(Luciano Osbat)

Due le motivazioni della Mostra: la coincidenza con la manifestazione di S. Pellegrino in fiore (1-4 maggio 2014) e l'Incontro a Palazzo papale del 2 maggio 2014 su "Erbe ed erbari della Tuscia" con gli interventi di Lucia Menicocci ed Elisa Angelone. E, accanto agli eventi, la volontà di far conoscere il patrimonio di documentazione che conserviamo presso il Centro di documentazione per la storia e la cultura religiosa-Viterbo.
A rendere più gradevole la Mostra abbiamo ricevuto la collaborazione di Patrizia Menghi, dell'Associazione Quiltingtuscia, che ha deciso di esporre per l'occasione due suoi lavori che sono in linea con il tema della Mostra.

Il percorso della Mostra comincia proprio con questi due lavori: il primo è una serie di pannelli realizzati con il ricamo e con il patchwork che riguardano una varietà di rose e che sono inseriti in un artistico  paravento in ferro. Il secondo è un erbario realizzato a punto in croce.

I libri che vedete esposti nella Sala conferenze del Centro di documentazione sono tratti dalla Biblioteca del Capitolo della cattedrale di Viterbo, dalla Biblioteca del Seminario di Viterbo, dalla Biblioteca del Seminario di Tuscania e dalla Biblioteca del Seminario di Bagnoregio: sono patrimoni questi che sono conservati presso il nostro Centro di documentazione per la storia e la cultura religiosa della diocesi di Viterbo o sono sotto la nostra tutela.
Sono solo una piccola parte dei libri che sulle stesse materie (erbe medicinali, cura delle malattie con le erbe) sono presenti nelle biblioteche citate: un calcolo sommario fa ascendere a circa quattrocento i libri che trattano di erbe per la cura delle malattie e poi quelli di fisica, di filosofia, di astronomia, di matematica, di astrologia e di tutto quanto per secoli ha ruotato intorno alla cura dell'uomo e dei suoi malanni. Perché, per secoli, la malattia e la sua cura hanno coinvolto la concezione dell'uomo e del mondo. Non si poteva curare qualsiasi malattia senza accettare quello che la cultura dominante indicava per spiegare sia l'uomo che il mondo: in tal senso ogni "pratica aurea" o "pratica medica" era insieme un trattato oggi diremmo di botanica, di astrologia (perché i movimenti del cielo influivano sugli effetti delle erbe), di astronomia (per la stessa ragione), di filosofia (che spiegava l'essere dell'uomo), di fisica e di matematica che spiegavano le leggi che governavano il mondo.

Seguitemi nella sintesi che farò di venti secoli di cura delle malattie per spiegarvi i libri che sono in esposizione.

Tutto (o quasi) nasce con Ippocrate (V sec. a.C.) secondo il quale l'uomo si ammala quando uno dei quattro umori corporei - il sangue, il flemma o flegma o pituita, la bile gialla o colera, la bile nera o melanconia o atrabile - è sovrabbondante o scarso oppure è separato, non ben mescolato come dovrebbe essere per garantire lo stato di salute. Per recuperare lo stato di salute, quando la natura con il suo corso non basta, il medico interviene per assecondare il lavoro della natura e per far recuperare il perduto equilibrio umorale o per espellere l'umore che si è corrotto. Se il recupero della salute non avviene, il malato muore.
I quattro umori sono in stretta relazione ai quattro elementi che formano il corpo umano (l'aria, la terra, l'acqua, il fuoco) che sono anche alla base della cosmologia, delle quattro stagioni della meteorologia, delle quattro qualità della fisica, dei quattro maggiori visceri del corpo umano (cuore, cervello, fegato, milza). E tutto questo poi si sposa con la dottrina filosofica di derivazione platonico-aristotelica delle tre funzioni o facoltà e dei tre spiriti: naturale, vitale, animale.
Ippocrate considera, nella valutazione del malato, anche una serie di fattori esterni che possono aver influito sull'insorgere della disfunzione come l'igiene, la dieta, il luogo dove si abita e la diagnosi viene fatta dopo una accurata indagine che utilizza le percezioni che l'ammalato ha del suo essere e del suo stato. Questa completezza di indagine e la ricchezza di soluzioni caratterizza la medicina ippocratica è stata alla base del suo successo: prima Pedanio Dioscoride (I sec. d.C.) e poi Claudio Galeno (II sec. d.C.) hanno in parte ripreso e in parte ampliato e modificato quanto Ippocrate aveva indicato, creando una collezione di testi che ha fatto scuola in campo farmacologico e di cura delle malattie per oltre quindici secoli.
Di Ippocrate nelle nostre raccolte abbiamo sia gli Aforismi che più edizioni dell'Opera omnia con i commenti del XVII secolo che testimoniano l'avvio di quel superamento di Ippocrate riletto da Galeno che proseguirà per tutto il Seicento fino all'abbandono di buona parte delle teorie ippocratiche.  Gli Aforismi di Ippocrate già nel titolo spiegano il contenuto della raccolta: sono "selectae maximeque ratae sententiae": sono enunciazioni che riassumono il modo di procedere del medico ma anche del filosofo. Il primo aforisma forse è anche uno di quelli più noti e dice:  "La vita è breve, l'arte è lunga, l'occasione è fuggevole, l'esperimento fallace, il giudizio difficile" E poi il testo tradotto in latino proseguiva: "Nec vero sat(is) est suum fecisse officium, nisi suum quoque aegrotus suum astantes faciant, sintque externa rite comparata".  E noto è anche l'ultimo degli aforismi attribuiti ad Ippocrate che dice: "Ciò che le medicine non guariscono, guarisce il ferro; ciò che non guarisce il ferro, guarisce il fuoco; ma ciò che il fuoco non guarisce si deve ritenere inguaribile".  Ogni aforisma è spiegato in una serie di pagine che sono il risultato della sedimentazione dei commenti che si sono andati a formare nel tempo. Sono LXXIX quelli raccolti in questo volume ma gli aforismi all'origine erano molti di più.
Il volume in Mostra è invece una esposizione delle teorie fondamentali di Ippocrate (De aere aquis et locis libellus) con i commenti di Galeno, nella edizione veneziana del 1565.

E' espressione della stessa cultura greca il volume di Teofrasto (IV-III sec. a. C.), scolaro e successore di Aristotele nella Scuola peripatetica alla quale diede uno sviluppo nella direzione dello studio della natura. Di questo indirizzo è testimonianza il volume che presentiamo nella Mostra che contiene i suoi due testi più importanti De historia plantarum e De plantarum causis. Il primo è una classificazione delle piante con aggiunta di notizie su ciascuna (ne numera 455) e sulle pratiche agrarie del suo tempo mentre il secondo riguarda la generazione delle piante, la loro crescita, delle loro malattie.

Questa visione della farmacopea che serve per curare l'uomo considerato nel suo insieme è pienamente presente nel pensiero greco e sarà ulteriormente sviluppata nella lettura che ne farà in epoca romana prima Dioscoride e poi soprattutto Galeno. Egli è stato considerato, dopo Ippocrate, il più insigne medico dell'antichità classica. Le sue opere, tutte scritte in greco anche se egli visse la maggior parte della sua vita a Roma, sono costruite attraverso una raccolta sistematica di tutto ciò che sino ad allora si era conosciuto in fatto di medicina. Fu ippocratico nel seguire quelle massime fondamentali ma seppe distinguersi nella concezione della malattia che egli collegava al perturbamento di una parte locale dell'organismo e che andava curata non solo con i rimedi che provenivano dalla natura ma combattendo i sintomi che si erano manifestati. Egli sosteneva che  ogni organismo è costruito secondo un piano fissato da un ente superiore e il corpo non è che lo strumento del soffio vitale cioè l'anima. Questa concezione valse ai teoremi galenici il pieno appoggio della Chiesa e questo fece sì che la dottrina galenica restasse inattaccabile e immutata fino al Rinascimento: Galeno fu nel campo della medicina quello che Aristotele fu nel campo della filosofia. Per tutto il Medioevo i testi della cultura classica nella versione di Ippocrate e di Galeno furono conosciuti in gran parte attraverso la traduzione-riduzione-interpretazione araba di Avicenna, di Averroè, di Rhazes, di Costantino Africano. E' solo nella cultura umanistica del XV-XVI secolo che i testi furono riletti nella versione originale e furono all'origine delle numerose edizioni a stampa di quel periodo.

La Mostra, dopo i testi di Ippocrate e Teofrasto, presenta - nel luogo di maggior esposizione - la scoperta che è stata fatta recentemente nella Biblioteca del Seminario di Bagnoregio. Si tratta di sei fascicoli (su otto che erano all'origine) di un erbario che si può datare alla fine del XIX secolo e che è stato catalogato come se fosse un libro. E' un documento interessante e prezioso che merita di essere conosciuto attraverso gli approfondimenti che sono proposti nel corso della Mostra da una serie di proiezioni su schermo della digitalizzazione dell'intero erbario superstite. Ogni pianta è individuata attraverso una doppia denominazione: la prima che rinvia a Linneo (segnata con la L) e la seconda che rinvia al Mattiolo (segnata con la M) dal quale è spesso tratto il nome con il quale più frequentemente la pianta è conosciuta.

Si passa poi ai testi di Dioscoride che furono utilizzati già nel Medioevo per comporre codici arricchiti di miniature e figure di grande suggestione. Con l'avvento della stampa vediamo le opere di Dioscoride rese più preziose dalle numerose incisioni che vennero a precisare quelle descrizioni che egli aveva dato in precedenza e che riguardavano sia le piante che gli animali. Un volume di Dioscoride pubblicato nel 1549 presenta otto libri dell'autore sia nella versione greca che in quella latina. Un altro pubblicato nel 1554 comprende sei libri nella versione latina. Un terzo volume, pubblicato nel 1558, è il testo più antico che noi possediamo con piccole raffigurazioni incise (oltre duecento nel corpo del volume e altre trenta in appendice). Dobbiamo arrivare alle edizioni curate da Pietro Antonio Mattiolo (o Mattioli)  per avere incisioni a pagina intera accompagnate dal testo di spiegazione prima in latino e poi in volgare. E del Mattiolo in Mostra sono esposti alcuni esemplari sia con il testo in latino che con il testo in volgare.

Quando arriviamo al XV e XVI secolo il tema della cura delle malattie e del recupero della salute è problema che non riguarda quelli che noi oggi chiameremmo gli scienziati della salute ma anche letterati, filosofi, teologi,  cultori della magia oltre che medici e astronomi.
E nella nostra Mostra ecco comparire i nomi di Castore Durante, di Girolamo Cardano, Giovanbattista Della Porta: è il punto più alto di una cultura che ripropone le conoscenze che sono giunte dai classici antichi, talvolta attraverso la mediazione delle traduzioni fatte dal greco in arabo e da questa lingua in latino, nel Cinquecento conosciuti anche dagli originali in lingua greca,

Sarà solo tra ma metà del XVI e la metà del XVII secolo che questa lettura della medicina di stampo Galenico entrerà in crisi e si andrà alla ricerca di nuovi paradigmi. Accanto e contro Galeno si pone Paracelso, il Lutero della medicina come fu definito (accanto a Keplero definito il Lutero dell'astrologia). Diventa centrale il momento empirico contro il momento speculativo e risaltano i nomi degli sperimentatori come Gerolamo Cardano medico-mago e filosofo della natura, e poi di Giambattista Della Porta (dei quali in Mostra presentiamo alcuni testi).
E di fianco a Galeno cominciano ad operare gli anatomici che conoscono il corpo umano dal di dentro e sanno intervenire per tagliare, suturare, cicatrizzare, asportare come  Vesalio, Falloppio, Girolamo Fabrizi di Acquapendente.

Ma fino a quando questa rivoluzione non risulterà vincente le terapie proposte da Ippocrate e da Galeno comunque continueranno ad essere praticate ed andranno in disarmo solamente nel positivista Ottocento e nell'industrializzato Novecento salvo ricomparire nell'ultima parte del secolo appena passato sotto il termine di medicina alternativa o fitoterapia.

Il  Terzo supplemento della Enciclopedia del Novecento, pubblicato nel 2004, contiene una voce di  poche pagine dedicata al tema "Medicina complementare e alternativa" dovuta a Edzard Ernst, docente nell'Università di Exeter in Gran Bretagna e tra i più attenti studiosi di questo settore della scienza medica. La voce approfondisce quattro tra le medicine alternative più diffuse: l'agopuntura, l'omeopatia, la chiropratica, la fitoterapia. A queste e ad altre medicine alternative  (tra queste  l'aromaterapia, i fiori di Bach, la massoterapia, la riflessologia, il tai chi, lo yoga e altre) fa ricorso nel Regno Unito il 20% della popolazione,  il 47 % negli Stati Uniti, il 67% in Germania (dati del 1999).
Lo studioso mette in guardia sugli effetti negativi che possono derivate da una non adeguata preparazione dei medici-cultori che propongono queste terapie che non sono sempre benefiche perché naturali. Riconosce però che per determinate patologie gli studi hanno riscontrato effetti positivi. E credo che sia una facile profezia  il dire che in futuro ci sarà una diffusione ancora maggiore  delle medicine alternative che rinviano alle conoscenze della natura e alla pratica di altri sistemi di cura praticate in aree del mondo che fino a poco tempo fa non abbiano degnato di attenzione perché le abbiamo considerate sottosviluppate anche dal punto di vista culturale e incapaci di produrre conoscenze che fossero valutate come scientificamente valide.

Sono testimonianza di questa nuova attenzione che negli anni recenti è stata dedicata alla conoscenza delle piante medicinali e delle erbe presenti nei nostri territori i volumi che presentiamo nell'ultima sezione della Mostra. Si tratta in alcuni casi di preziose raccolte che rinviano all'organizzazione dei "giardini dei semplici" e delle  farmacie dei conventi e dei monasteri (Speziali e spezierie…, Vasa medicinalia…, Ceramiche e spezierie d'amore….)e in altri casi a pubblicazioni che espongono piante che sono suscettibili di essere utilizzate nella migliore conservazione della salute (L'universo delle piante…) e altre che caratterizzano i nostri ambienti (Spigolando nel verde…).

La Mostra, la seconda che è stata organizzata nella sede del Centro di documentazione sullo stesso tema, è  ancora largamente incompleta rispetto alla qualità e alla quantità di volumi e di altri documenti che sono conservati in questa sede. Siamo appena al 20% della catalogazione informatizzata: essa in futuro ci consentirà di individuare sia gli autori che le edizioni e quindi di conoscere meglio i contenuti delle opere che sono deposte sui nostri scaffali (ormai oltre 25.000 i volumi del periodo tra il XV e il XX secolo) e che sono riferiti a questo tema così affascinante e così attuale anche per i nostri giorni com'è la conoscenza del mondo della natura e di tutto ciò che dal mondo della natura può venire in aiuto per migliorare le nostre condizioni di vita e tutelare adeguatamente la nostra salute.

Viterbo, 1° maggio 2014


 
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