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I sessant'anni del Centro di Studi Bonaventuriani e Bagnoregio,
di Luciano Osbat
(Bagnoregio, 14 luglio 2012)



L'esperienza del  Centro di Studi Bonaventuriani che, da sessanta anni, tiene fede alla sua missione originaria attraverso tre generazioni di studiosi che si sono susseguiti alla guida dell'istituzione, è certamente eccezionale: soprattutto in un panorama dell'organizzazione della cultura dove sono molte le voci che compaiono ed altrettante quelle che scompaiono nel breve volgere di pochi anni.
I suoi dirigenti sono stati nocchieri capaci e fedeli; hanno solcato i mari della ricerca ma muovendo la  barra del timone perché le vele prendessero vento mentre la barca proseguiva nella direzione definita fin dalle origini.

La costituzione e le finalità del Centro di Studi Bonaventuriani

  
Era il 7 aprile 1953 quando, aderendo ad una iniziativa di Bonaventura Tecchi, alcuni intellettuali bagnoresi si riunirono a casa Tecchi per creare il Centro di Studi Bonaventuriani. Erano mons. Francesco Macchioni, padre Bernardino da Frasso (dei padri Cappuccini), mons. Oscar Righi, prof. Alessandro Gaddi, il signor Angelo Ramacci, l'ingegnere Francesco Petrangeli Papini. Si costituirono in Comitato esecutivo, del quale entrò poco dopo a far parte il prof. Michelangelo Cagiano De Azevedo. Elessero Bonaventura Tecchi Presidente, crearono un Comitato d'onore con il Prefetto di Viterbo, il Vescovo di Bagnoregio, il Sindaco di Bagnoregio e subito cominciarono ad operare. "La inaugurazione ufficiale del Centro ebbe luogo, con un primo convegno di studiosi e alla presenza di numerose autorità e personalità, il giorno 11 ottobre 1953, alle ore 16, nella chiesa di S. Bonaventura, officiata dai reverendi PP. Cappuccini. Il prof. Tecchi tenne il discorso inaugurale, illustrando, fra l'altro, l'Itinerarium mentis ad Deum, mentre il rev. can. don Oscar Righi lesse una sua dotta memoria sul tema La Legenda Maior di S. Bonaventura e l'XI canto del Paradiso, della quale è riportato un riassunto in questo primo numero del bollettino. Paterne parole di compiacimento e di incitamento pronunciò S. E. Rev.ma Mons. Luigi Rosa, Vescovo Diocesano."
Quali le finalità del Centro che si definiva "associazione culturale e spirituale (art. 1 dello Statuto)? Far conoscere  e diffondere la dottrina  e l'insegnamento di s. Bonaventura che hanno conservato nel tempo la loro validità e ancora oggi possono servire da guida e da orientamento degli uomini.
Per realizzare questo progetto il Centro si impegnava a "mantenere vivi e tramandare il ricordo, la santità e la dottrina di s. Bonaventura", divulgare le opere e l'insegnamento, favorire la ricerca e lo studio sulla vita e le opere del santo, rendendo accessibili al vasto pubblico il suo pensiero e il suo insegnamento, collaborare perché le reliquie, i ricordi, i monumenti dedicati a s. Bonaventura esistenti a Bagnoregio e altrove fossero diligentemente conservati e partecipare alle manifestazioni connesse con il culto e la venerazione rivolte al santo (art. 3).
Queste finalità furono così definite nello Statuto che fu redatto e approvato dall'Assemblea dei soci dell'8 settembre 1956, tre anni dopo l'avvio del Centro di Studi Bonaventuriani.
Nelle cadenze anniversarie del Centro - i dieci, venti. venticinque, trenta anni - e in occasione dei passaggi di presidenza dovuti di volta in volta alla scomparsa dei padri fondatori, queste finalità sono state continuamente ribadite.
Nel primo decennale, il Convegno celebrativo si  era svolto in tre giorni (invece dei due previsti dallo Statuto), il primo dei quali a Viterbo. E proprio nel corso del primo giorno di lavori Bonaventura Tecchi aveva "accennato alle attività culturali e artistiche svolte dal Centro nei primi anni e alle manifestazioni indette per celebrare il primo decennale del cenacolo (Convegno di studiosi, Premio di pittura "Città di Bagnoregio", pubblicazione del libro di F. Petrangeli Papini dal titolo S. Bonaventura da Bagnoregio)".
Michelangelo Cagiano de Azevedo scriveva, nel 1969, dopo la scomparsa di Tecchi, che  "I primi quindici di questi anni sono stati marcati dalla impronta data da Tecchi al Centro: questo significa che i prossimi, sino a quando per la fiducia dei soci reggerò le sorti di questa istituzione,  saranno caratterizzati dalla aderenza al programma, al metodo, ai fini che Tecchi aveva voluto e che Tecchi, con Francesco Petrangeli Papini (altra grande figura che ci ha lasciati) aveva realizzati. Abbiamo avuto in eredità un mandato: ad esso saremo fedeli".  
E lo stesso Cagiano De Azevedo, in occasione dei primi vent'anni di attività, sottolineava la fedeltà all'impegno assunto nel 1953 da Bonaventura Tecchi "Conservare le memorie [bonaventuriane], accendere gli animi a cercarne altre, fare opera di difesa contro l'azione edace del tempo e contro quella insita nella labilità stessa delle menti umane, ecco già uno scopo del Centro per ciò che riguarda più specialmente gli studi, la parte culturale di esso".   E poi faceva il bilancio delle attività realizzate segnalando in particolare quelle legate allo  studio della figura e delle memorie di san Bonaventura come risultavano dalle relazioni tenute durante i convegni e pubblicate (non tutte notava) sul "Bollettino", quelle relative alla costituzione della biblioteca, allo svolgimento dei Convegni che avevano analizzato il pensiero bonaventuriano sotto l'aspetto filosofico, quello mistico, quello di uomo di governo, quello di Dottore della Chiesa e che  avevano studiato il momento storico che lo aveva visto operare e avevano analizzato i suoi scritti.  
Ancora Cagiano De Azevedo, in occasione del venticinquesimo anniversario del Centro, ricordava come agli inizi, l'obiettivo fosse stato molto modesto: "Allora non pensavamo davvero al XXV Convegno. Al termine del I pensammo al II, e così via, di anno in anno, senza ambizioni, ma con la coscienza di essere su una buona strada…Accanto ai Convegni, nei quali la tematica bonaventuriana è essenziale, abbiamo svolto alcune ricerche di carattere particolare, legate al paese di San Bonaventura. Così abbiamo in corso una indagine sulle chiese della diocesi, una sugli insediamenti in grotta, così la ricerca sulle pievi e sulla loro origine in relazione ai castelli, così gli inventari dei nostri archivi e delle nostre biblioteche, opere tutte che vedono impegnati in prima linea Mons. Galliano Moncelsi e Eletto Ramacci, e con loro, di volta in volta, altri soci del Centro, fra cui anche dei giovani…[e ancora] una mostra didattico-documentaria sulla scrittura e sulla stampa attraverso i tempi, nei loro vari aspetti e nella loro storia, usufruendo del cospicuo patrimonio librario esistente a Bagnoregio".
E Pietro Prini, in occasione  del trentesimo anniversario, dopo aver reso omaggio a Michelangelo Cagiano De Azevedo che aveva retto la Presidenza del Centro  dal 1968 al 1981, riprendeva le parole dello Statuto per fare un bilancio di quel lungo periodo di vita, ricordando la finalità di mantenere viva ed operosa la memoria del "Dottore Serafico", quella di approfondire la conoscenza della sua dottrina, quella di custodire il culto delle reliquie, dei monumenti e dei ricordi bonaventuriani a Bagnoregio e altrove. E continuava dicendo: "La serie dei trenta convegni annuali del Centro, le trenta annate di questo Bollettino che ormai ha una presenza inconfondibile nel mondo della letteratura bonaventuriana, e le molte iniziative collaterali di rievocazioni artistiche e di ricerca di storia locale costituiscono una testimonianza sicura dell'adempimento generoso di tali finaltà".  
Dopo questa data le riflessioni sul passato cessano di essere riportate sul "Bollettino": a partire dalla Presidenza di Pietro Prini, poi di Alfonso Pompei e infine di  Maurizio Malaguti si arriva ad oggi senza che vi siano ulteriori riflessioni sul cammino percorso dal Centro ma conservando, nei fatti, quella adesione alle finalità definite dai fondatori.

Le attività del Centro


E' il caso ora di analizzare in maniera più puntuale le attività messe in opera dal Centro lungo i sessant'anni di vita.
In primo luogo i Convegni:  lo Statuto dice che i Convegni, si debbono svolgere ogni anno a Bagnoregio, finalizzati a studiare il pensiero bonaventuriano, la personalità del santo, la sua attività, i luoghi in cui era vissuto. La tesi di fondo che muoveva i fondatori e tutti coloro che nel tempo hanno aderito al Centro  era che il pensiero di s. Bonaventura fosse (e sia) un elemento vivo e vitale per la nostra civiltà contemporanea. E i Convegni si sono svolti puntualmente ogni anno e regolarmente; l'anno successivo, il "Bollettino" ne ha  pubblicato gli atti. Una sola volta è accaduto che due numeri del "Bollettino" fossero fusi insieme (il 40 e il 41) raccogliendo così gli atti di due convegni, quello del 1993 e quello del 1994.
Oltre 300 relazioni che costituiscono oggi veramente quella enciclopedia del pensiero e della vita di s. Bonaventura che Cagiano De Azevedo, nel 1977, auspicava che fossero organizzate in un Indice dell'intera collezione (e allora  si era appena giunti alla metà del percorso).  E' un Indice che molti degli studiosi che collaborano con il Centro di Studi Bonaventuriani magari hanno organizzato in proprio ma che ancora non è stato edito dal Centro a beneficio di tutti gli interessati (perché l'impegno organizzativo e finanziario era ritenuto troppo gravoso, come aveva detto in altra occasione Cagiano De Azevedo).  
Sui temi  affrontati nel corso dei Convegni vorrei riprendere il discorso più avanti.  
Ora parlo delle altre iniziative del Centro. In primo luogo di quella che si può considerare quasi un'appendice dei Convegni:  è il "Doctor Seraphicus. Bollettino d'informazioni del Centro di Studi Bonaventuriani" che è uscito annualmente per 60 anni (con una sola interruzione nel 1993-1994 quando è uscito con un numero doppio, come già ricordato), con un numero di pagine da un minimo di 32 (nel 1953) - ma poi si è stabilizzato sulle 60 pagine nel primo ventennio -  ad un massimo di 188 (nel 2002), con una media di 120-130 pagine negli ultimi 10 anni.  
Il "Doctor Seraficus" del titolo è stato sempre accompagnato dalla integrazione "Bollettino d'informazioni del Centro di Studi Bonaventuriani" che però, negli anni dal 1974 al 1990, ha avuto maggiore evidenza di quello che in precedenza era stato il titolo. Per tutto il rimanente periodo i ruoli sono rimasti quelli dell'origine e cioè un titolo in maggiore evidenza che era proprio "Doctor Seraphicus", mentre il sottotitolo recava l'indicazione "Bollettino d'informazioni del Centro di Studi Bonaventuriani".
Nel "Doctor Seraphicus", oltre alle relazioni presentate ai Convegni annuali -   soprattutto nei primi vent'anni - una parte importante era stata riservata al Notiziario che comprendeva informazioni relative allo svolgimento del Convegno dell'anno precedente (programma, cronaca dei lavori, elenco delle autorità presenti e degli studiosi e dei cittadini partecipanti) ma anche una relazione sulle attività svolte dal Centro nello stesso periodo e le notizie relative alla festa di S. Bonaventura a Bagnoregio, alle pubblicazioni di tema bonaventuriano, agli elenchi dei soci e ai necrologi dei soci scomparsi, alle notizie di iniziative che riguardavano s. Bonaventura che si erano svolte in Italia e all'estero.  C'erano poi la nota dei contributi ricevuti, l'elenco delle pubblicazioni edite per conto o a cura del Centro.
Una parte, quella del Notiziario che era stata promossa in modo particolare da Bonaventura Tecchi fino a coprire anche una decina di pagine. Più avanti, con la presidenza Cagiano De Azevedo prima e con la presidenza Prini poi, il Notiziario si è ridotto alla cronaca essenziale del Convegno e infine, dopo il 1992, è del tutto scomparso rimanendo a chiudere la rivista l'elenco delle pubblicazioni edite dal Centro.
Bonaventura Tecchi, nella sua impostazione del Notiziario che era redatto normalmente dal Segretario del Centro Francesco Petrangeli Papini, aveva voluto dare molto spazio alla cronaca del Convegno dell'anno precedente, con l'aggiunta di tutte quelle informazioni che erano di contorno allo svolgimento delle relazioni come la sede, gli ospiti, le manifestazioni collaterali, brevi indicazioni circa gli studi e la personalità dei relatori invitati, le  parole di saluto del Vescovo di Bagnoregio mons. Luigi Rosa che fino alla fine della sua vita aveva seguito i lavori del Convegno. Una particolare cura Tecchi voleva che fosse data alla registrazione dei presenti: le autorità ecclesiastiche, i rappresentanti delle istituzioni dello stato, gli amministratori della provincia e del comune, gli esponenti degli organismi economici, culturali, religiosi della provincia e del territorio, i rappresentanti delle famiglie bagnoresi che avevano presenziato al Convegno. E mentre l'elenco delle autorità poteva voler sottolineare l'importanza che la manifestazione aveva presso gli esponenti della classe dirigente del territorio, l'insistenza per la registrazione dei rappresentanti delle famiglie bagnoresi  era invece testimonianza di quanto il Centro di Studi Bonaventuriani si volesse ancorare nella realtà del paese e non solo nella passione degli studiosi che l'avevano promosso e che lo tenevano in vita. Erano quegli elenchi, come pure la cronaca delle manifestazioni che si erano svolte a Bagnoregio in occasione delle feste in onore di s. Bonaventura, il tentativo più evidente di collegare il progetto culturale del Centro di Studi Bonaventuriani alla città di Bagnoregio che sembrava invece distaccarsi gradualmente da quelle tradizioni liturgiche e da quelle manifestazioni che le accompagnavano, legate alle date del 14 marzo e del  15 luglio, giorni della memoria di s. Bonaventura per la data della traslazione del suo corpo e per la data della sua morte.
Con la scomparsa di Petrangeli Papini e poi con la Presidenza di Cagiano De Azevedo quello che era il ruolo del Notiziario viene in parte ripreso dalla Relazione sull'attività del Centro che il Presidente illustra in apertura dl "Bollettino". E' una sintesi dell'attività nella quale la cronaca del Convegno è appena accennata (e poi è ripresa dal Notiziario che convive con la Relazione) e maggiore spazio è dato alle altre attività promosse dal Centro e che riguardano da vicino il rapporto tra il Centro di Studi Bonaventuriani e la città di Bagnoregio. E' il caso della sistemazione della "Casa di san Bonaventura" nel 1969 come pure quello dell'avvio della costituzione di una Sezione giovanile del Centro di studi bonaventuriani nello stesso anno e il sostegno a mostre di argomento bagnorese come si dirà.
Tra le finalità previste dallo Statuto c'era anche la creazione di una biblioteca specializzata sulla vita e sulle opere di s. Bonaventura, con pubblicazioni italiane e straniere:  è un progetto che è stato avviato immediatamente e poi si è sviluppato nel tempo. Nel 1956 la biblioteca aveva già ricevuto numerosi libri; nel 1975 veniva definita come "già ricca e ben sistemata che, con nostro vivo orgoglio, è stata apprezzata e lodata da ben noti studiosi di cose bonaventuriane".  Una biblioteca che però, successivamente, non ha avuto modo di ampliarsi quanto forse poteva essere auspicato inizialmente e che poi è confluita a costituire una sezione di altra biblioteca a Viterbo.
Lo Statuto ancora prevedeva "la eventuale pubblicazione di opere su temi bonaventuriani e il sostegno ad opere di studiosi che si occupano  degli stessi temi". Quest'azione è stata perseguita con successo e l'elenco che ogni anno chiude le pagine di "Doctor Seraphicus" ancora oggi è la testimonianza viva del lavoro realizzato a sostegno delle pubblicazioni, alcune fatte direttamente dal Centro, altre con l'aiuto del Centro. La prima pubblicazione avvenuta "sotto gli auspici" del Centro è stata la Storia civile e religiosa della città di Bagnoregio dai tempi antichi sino all'anno 1503 di Francesco Macchioni.  Poi, nel 1958, il saggio di Alessandro Gaddi, Il carattere pedagogico-mistico della filosofia di s. Bonaventura.  Nel 1962 il lavoro di Francesco Petrangeli Papini su S. Bonaventura da Bagnoregio. Vita, glorificazione e culto.  
Negli anni successivi l'attenzione del Centro si è volta al sostegno di pubblicazioni di respiro più contenuto ma di importanza straordinaria per la prosecuzione degli studi sulla storia di Bagnoregio. Mi riferisco alla pubblicazione  dei "Quaderni bagnoresi". Il primo ha visto la luce nel 1979 a cura di Galliano Moncelsi;  il secondo due anni più tardi, ancora a cura di Galliano Moncelsi.   A partire dal 1987 il "Bollettino" riporta, dopo il Notiziario, alcune pagine con le "Pubblicazioni a cura del Centro Studi Bonaventuriani di Bagnoregio" suddiviso nelle sezioni "In commercio", "Reperibili presso la Segreteria del Centro", "Reperibili presso la Biblioteca del Centro". Nelle ultime due sezioni si trovano indicati i volumi sopra citati; nella prima sezione invece sono inseriti i volumi che riguardano san Bonaventura ma che sono stati pubblicati dalla casa editrice L.I.E.F di Vicenza, in una serie intitolata "Collana di studi bonaventuriani" diretta da Pietro Prini.
Lo Statuto aveva ancora previsto " l'organizzazione di visite (gite, pellegrinaggi)  ai luoghi legati a san Bonaventura" e "ogni attività che sia affine a quelle citate e che serva a conservare la memoria e a intensificare il culto e la venerazione". In occasione dei Convegni che si sono svolti a Bagnoregio, il Centro si è impegnato sia per dare informazioni sullo stato di conservazione dei luoghi bonaventuriani sia sulle vicende legate a Civita e alla sua conservazione in quanto luogo natale di s. Bonaventura. Alcune gite-pellegrinaggi poi sono stati organizzati dal Centro come è accaduto in occasione del Convegno del 1956 quando fu effettuata la gita alla Verna.
L'esempio più noto dell'interessamento del Centro alle sorti di Civita lo si ha negli anni 1962-1965. Nei primi mesi del 1962 una serie di smottamenti avevano provocato il crollo della passerella di legno che congiungeva l'antico ponte murario di ingresso a Civita, interrompendo le comunicazioni tra il borgo e Bagnoregio. Il pericolo che Civita fosse definitivamente abbandonata era concreto. L'interessamento di Bonaventura Tecchi e del Centro di Studi Bonaventuriani, in quell'occasione, sono stati preziosi per accompagnare gli sforzi delle autorità locali perché fosse ripristinato il collegamento, che avverrà nel 1964 con la costruzione del pontile in cemento che ancora oggi collega Civita a Bagnoregio, poi inaugurato ufficialmente il 12 settembre 1965.
Tra le attività messe in cantiere del Centro, in particolare con la Presidenza di Cagiano De Azevedo, si può senz'altro collocare quanto è stato fatto per suscitare interesse nei giovani a proposito della vita e dell'insegnamento di s. Bonaventura e dei luoghi dov'era vissuto. Nel 1971 Cagiano De Azevedo informa circa l'avvio della Sezione Giovanile all'interno del Centro: "Era mia intenzione interessare così i giovani del Centro, spalancare loro le porte dell'istituzione, renderli partecipi e responsabili della vita del Centro, preparandone il necessario ringiovanimento dei quadri. Alla Sezione Giovanile, nell'ambito degli scopi istituzionali del Centro, fu proposto di approfondire la conoscenza del pensiero bonaventuriano in rapporto ai problemi della società di oggi e di indagare i ricordi monumentali esistenti nel territorio bagnorese, databili fino alla età di san Bonaventura. Non mi è difficile ammettere che il programma era alquanto ambizioso, ma nutrivo, e tuttora nutro fiducia per la sua realizzazione sull'entusiasmo giovanile e sugli aiuti esterni".  La Sezione Giovanile si muove con qualche difficoltà ma già nel  1972 si era resa promotrice dell'avvio di una ricerca storico-archeologica sul territorio bagnorese e di una campagna di scavo in collaborazione con l'Istituto di archeologia dell'Università Cattolica di Milano e della Soprintendenza alle antichità dell'Etruria Meridionale. Il lavoro aveva dato luogo ad una mostra, curata per la parte grafica da Eletto Ramacci, che aveva presentato il percorso delle mura medievali di Rota. E una parte consistente del n. 21 del "Doctor Seraphicus" era stata dedicata ad una serie di studi derivati dallo spoglio di documenti d'archivio bagnoresi relativi ad argomenti bonaventuriani o alla storia di Bagnoregio.  C'è poi - nel Discorso di apertura  di Cagiano De Azevedo del XXII Convegno annuale di studi bonaventuriani nel 1975 - un ulteriore riferimento all'attività della Sezione giovanile del Centro di studi bonaventuriani che il Presidente intendeva dovesse sviluppare tutto ciò che riguardava la storia di Bagnoregio e del suo territorio e l'organizzazione di mostre  e di pubblicazioni sulla storia locale. In quell'occasione egli  aveva parlato delle ricerche sulla pianta di Civita dopo il terremoto del 1695, degli studi sulla presenza della Comunità ebraica attiva a Bagnoregio dal 1400 in poi e di altre iniziative realizzate in quel periodo.  Nella Relazione annuale del 1979 si fa un bilancio lusinghiero dell'attività del Gruppo giovanile che è guidato da Galliano Moncelsi e da Eletto Ramacci e lo si mette in relazione ai Convegni: "...i Convegni operano nel campo della indagine teorica soprattutto sugli scritti di san Bonaventura e sulla sua azione di docente e di ministro generale dell'Ordine. L'attività del gruppo giovanile punta sulla ricerca d'archivio e sulla ricognizione del territorio per recuperare l'ambiente dove nacque il santo e i suoi problemi sociali. Si tratta di due angolazioni diverse, che si completano tra di loro in quella ricerca globale interdisciplinare, quale è postulata dalla moderna metodologia di indagine. Il risultato è che il Centro con ciò esce dal ristretto campo cittadino per inserirsi in filoni culturali internazionali".  Dopo la pubblicazione del 2° Quaderno di studi bagnoresi che è concomitante con la morte di Cagiano De Azevedo, il Gruppo giovanile sparisce dalle cronache del "Bollettino" ed è probabile che con la presidenza di Pietro Prini quella prospettiva di lavoro sia stata progressivamente abbandonata.
Per alcuni anni il Centro di studi bonaventuriani ha promosso il "Premio di pittura <Città di Bagnoregio>" con tema unico: "La figura e i luoghi di s. Bonaventura". La prima edizione si è svolta nel 1958 ed ha visto la presentazione di 69 opere. La seconda nel 1962 sul tema "La figura o i luoghi o le opere di s. Bonaventura" con la partecipazione di 75 artisti e oltre 106 opere. Alcune delle opere premiate sono ancora ad arredare la sede dove il Centro si è trasferito, nel settembre 1964, in quello che rimaneva del convento di S. Francesco Vecchio di proprietà della Fondazione Agosti.

I convegni bonaventuriani


Non è compito di questa ricostruzione affrontare un'analisi del percorso compiuto, durante questi sessant'anni,  dai convegni organizzati dal Centro di Studi Bonaventuriani, né avrei la competenza per farlo. Mi limito quindi ad alcune annotazioni marginali e a qualche considerazione che traggo dalle relazioni presenti nel "Bollettino".
La prima è che, fin dai primi anni, il convegno annuale ha avuto una precisa finalizzazione ma è con la presidenza Prini che i convegni hanno un titolo che poi diviene anche il titolo del numero del "Bollettino" che ne pubblica gli atti l'anno seguente.
La seconda è che nel "Bollettino" sono rarissime le occasioni nelle quali si esprime una sintesi e una valutazione dei convegni svolti. Una di queste è nella Relazione dell'anno 1972 quando Cagiano De Azevedo, ripercorrendo il cammino compiuto dal 1953, a proposito delle finalità espresse dallo Statuto aveva detto: "Studio della figura e delle memorie di San Bonaventura e acquisizione di nuove fonti di informazione. Per questa attività e per l'ampio sviluppo che essa ha avuto nei venti anni trascorsi rende testimonianza il "Bollettino", con la pubblicazione delle conferenze tenute nei Convegni, con qualche ricerca particolare. Il pensiero bonaventuriano è stato analizzato sotto tutti gli aspetti, quello filosofico, quello mistico, quello di uomo di governo, quello di Dottore della Chiesa. Il momento storico nel quale San Bonaventura visse è stato anche esso investigato, specie in quegli episodi che lo videro protagonista. Così sono state anche illustrate le memorie che di quel grande Santo ci restano." E poco più avanti aggiungeva: "I Convegni. Siamo al ventesimo: vuol dire che mai, per alcuna ragione o difficoltà abbiamo omesso di tenere queste nostre riunioni annuali. Questa del ventesimo anno ha avuto il singolare privilegio di ascoltare, quale primo oratore, uno studioso che è anche uomo di governo, Sottosegretario nel Governo in carica [Attilio Jozzelli]. Ciò vuol dire che questi nostri Convegni non sono destinati a una ristretta cerchia di specialisti, ma corrispondono alle esigenze di una cultura largamente diffusa e profondamente sentita."
E Pietro Prini, giunti al 31° convegno annuale, così introduceva i lavori: "Quest'anno, dedicando le nostre riflessioni sul tema dell'uomo - L'uomo chi è veramente per san Bonaventura? - abbiamo  voluto porre l'accento sull'attualità e insieme sulla perennità di un pensiero che ha veduto nell'uomo, nei suoi gesti, nelle sue parole e nei suoi atti, la metafora viva di Dio. Nella concezione bonaventuriana il teocentrismo esalta l'uomo, facendo della sua condizione di homo viator il segno della sua umiltà e della sua speranza. Non è l'umanesimo della padronanza delle cose né quello della disperazione lucida, l'uno e l'altro effetti perversi dell'antropocentrismo moderno. Anzi, è la loro antitesi dialettica. Perciò S. Bonaventura è attuale, alla stregua del cristianesimo autentico, come un segno di contraddizione, come il punto dialettico della storia".
E due anni più tardi, sempre in fase di Introduzione ai lavori del Convegno, così si esprimeva: "Il 33° convegno che ho l'onore di inaugurare è dedicato al tema <Essere e amore in San Bonaventura>. E' un tema bonaventuriano, se altri ce ne possono essere. A sottolinearne l'attualità in mezzo ai vincoli dell'egoismo che stanno alla radice dei mali di questa nostra società insieme permissiva e violenta, ci basti ricordare le parole di Santa Caterina da Siena, che sembrano quasi un commento della dottrina del Dottore Serafico: <Lucifero è una criatura senza amore>. Ciò che vi è di demoniaco in tante forme di inaudita aggressività che apertamente o di nascosto sconvolgono oggi il rapporto nuziale dell'uomo con la vita è certamente la mancanza di amore, e più precisamente la perdita del senso metafisico che l'essere è amore. In questi due giorni parleremo dunque di questo tema che, evidentemente, merita ben altra durata e un ben più totale impegno della nostra meditazione".
Per alcuni anni Prini manterrà l'abitudine di introdurre i Convegni e di enunciare berevemente le relazioni che sarebbero state presentate. Fino al 37° Convegno (1991). Dopo questa, non ci sono altre presentazioni o sintesi che riguardino i convegni.

Una riflessione complessiva


Una riflessione complessiva sull'esperienza del Centro di Studi Bonaventuriani può individuare almeno tre periodi diversi, nell'arco dei sessant'anni, che seguono in qualche modo il succedersi delle lunghe presidenze  di Bonaventura Tecchi (1953-1968), di Michelangelo Cagiano De Azevedo (1968-1981) e di Pietro Prini (1982-2003). Escono da questa indagine la breve presidenza di  Alfonso Pompei (2004-2009)  e  quella attuale di Maurizio Malaguti (2010-2012).
Sembra possibile, nelle prime tre presidenze, cogliere un'accentuazione di questioni in parte diverse, all'interno della fedeltà sostanziale all'unico progetto di studi bonaventuriani. Nei primi trent'anni di vita ad esempio, sia nella conduzione del Centro di Studi Bonaventuriani che nell'impegno con il quale il Centro segue e promuove iniziative di conoscenza e di diffusione degli scritti e della vita di s. Bonaventura e della storia di Bagnoregio, c'è un più accentuato riferimento al territorio che manca del tutto nel periodo successivo.
La presidenza di Bonaventura Tecchi sembra essere quella della riscoperta di s. Bonaventura attraverso la ricostruzione biografica, il contesto religioso e culturale, l'attenzione ai luoghi della vita del santo, il rapporto tra s. Bonaventura e il francescanesimo.  Il 1968-1969 segna una cesura in questo cammino, a causa  della morte di Tecchi e di Petrangeli Papini dopo quelle di Macchioni e di Righi. La strada viene subito ripresa ma con qualche sottolineatura diversa.
Il periodo di Michelangelo Cagiano De Azevedo è caratterizzato dal profilo storico e da quello teologico: s. Bonaventura nel suo tempo, la sua teologia, la spiritualità e l'etica. E la indagine storica riguarda con prepotenza l'ambiente nel quale s. Bonaventura ha vissuto la prima parte della sua vita e al quale è rimasto sicuramente legato per il resto degli anni: Bagnoregio e il suo territorio.
L'ultimo periodo, quello della presidenza di Pietro Prini, è in primo luogo legato all'approfondimento della conoscenza di san Bonaventura (la sua filosofia, la sua ontologia, la sua fede) e poi alla individuazione dei segni del pensiero di s. Bonaventura nei tempi (nel Medioevo, nell'età contemporanea), e nei luoghi (Italia, Germania, Spagna, Francia). Con Prini il Centro di Studi Bonaventuriani si affida per la prima volta nelle mani di un filosofo che legge s. Bonaventura all'interno del ruolo che il francescanesimo (ripensato da s. Bonaventura) ha avuto nella storia della Chiesa e nella storia dell'uomo.
Da una lettura complessiva del "Bollettino" e dalle notizie che si possono ricostruire intorno alla sua attività, quello che appare evidente è il cambiamento di collegamento tra il Centro di Studi Bonaventuriani e il territorio: nei primi trent'anni (ma via via con un'attenzione decrescente) questo rapporto era centrale. S. Bonaventura doveva rivivere in primo luogo nel suo territorio e a Bagnoregio, in mezzo a questa popolazione, ai suoi intellettuali, ai suoi preti (e vescovi) ai suoi giovani. Negli ultimi trent'anni s. Bonaventura è diventato una questione degli studiosi che si trovano a svolgere questo convegno in quella città che è stata la patria di s. Bonaventura ma senza altri riferimenti a Bagnoregio e alla storia del territorio.
Questo cambiamento di prospettive nulla toglie ai meriti acquisiti nei suoi sessant'anni di vita: il Centro di Studi Bonaventuriani ha interpretato una parte fondamentale nella promozione degli studi  su s. Bonaventura e un ruolo di tutto rispetto nella promozione delle ricerche sull'età di s. Bonaventura. Il Centro inoltre deve essere considerato particolarmente benemerito per quanto riguarda la diffusione della conoscenza e la creazione di interesse, in Italia e in Europa, intorno a Civita, a Bagnoregio e alla loro storia, e per quello che ha fatto per favorire l'avvio agli studi di molti giovani sulla scia dei convegni che si svolgevano a Bagnoregio, delle ricerche che in quella sede erano presentate intorno a s. Bonaventura, al suo periodo storico, all'ambiente nel quale si era venuto formando.
Vorrei concludere dicendo che la presenza del Centro di Studi Bonaventuriani a Bagnoregio è stato un ulteriore dono che s. Bonaventura ha fatto ai suoi concittadini, dopo quello della sua sapienza messa a disposizione di tutta l'umanità.


 
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